Sport e alimentazione per difetto: un’inconsapevole abitudine fin troppo diffusa

Nella gestione del paziente sportivo si riscontrano situazioni che, con assoluta puntualità, si presentano per ogni tipologia di sport praticato.

Che siano uomini o donne, giovani o meno giovani, professionisti o amatori, tra gli sportivi c’è una diffusa tendenza alla sottoalimentazione.

Se a chi gradualmente è arrivato a praticare tra le 5-8h/settimanali di attività a buona intensità/volume si chiedesse: “Come mangiavi prima e come ora?”, molto spesso la risposta reale sarebbe: “Non molto diversamente”.

Magari 20-30g in più di pasta, poco più di quello o dell’altro.  Fin troppo spesso chi pratica sport a buoni livelli è abituato a mangiare davvero troppo poco, e la percezione è che anche piccoli adattamenti possano essere sufficienti.

Performance compromessa, rischio di infortunio, perdita di massa magra, disturbi del sonno e stanchezza cronica sono solo alcuni degli aspetti derivanti da un’alimentazione per difetto che per certo devono essere presi in considerazione e trattati tempestivamente.

Di norma questi fattori vengono colti dall’interessato come anomalie preoccupanti e pertanto si rivolge a chi di dovere per correggerli. Ma aspetti più preoccupanti, perché subdoli, riguardano la percezione dello sforzo e lo stallo del peso.

Solitamente nel primo caso rientrano i neofiti o chi da troppo tempo è abituato a sottoalimentarsi: gli allenamenti (soprattutto col progredire dei volumi) sono spesso accompagnati da forte spossatezza e si pensa che sia la normale sensazione da provare, quando in realtà dovrebbe presentarsi solo in pochi momenti di un determinato ciclo di allenamento.

Lo stallo del peso invece è molto spesso la fisiologica conseguenza di un organismo che cronicamente riceve molti meno nutrienti di quanto necessiti e, in risposta a ciò, blocca determinate vie metaboliche, tra cui la lipolisi. E’ infatti uso frequente tra gli sportivi seguire inconsapevolmente diete che sulla carta dovrebbero far scendere la massa grassa di 1kg ogni 10 giorni quando in realtà lasciano il peso stabile per mesi.

Il rischio più grande? Che davanti all’eventuale esigenza di perdere “quel chiletto in più”, si effettui un’ulteriore restrizione calorica, con risultati spesso disastrosi.  In questi casi l’aspetto critico è risalire il collo di bottiglia raggiunto, e ciò rimane comunque l’unica via percorribile.

Un ulteriore aspetto dell’alimentazione per difetto riguarda l’integrazione, e anche qui si tende a sottostimare il fabbisogno per quelle attività che possono coprire anche una mezza giornata o in gara.

Non che la pratica debba essere copiata alla lettera, ma in gare come Tour de France o Ironman l’apporto di carboidrati è equivalente a quasi una porzione di pasta per ogni ora di gara (circa 60g netti/h) e solo tale fattore (come la corretta gestione del pre-gara o del recupero post) dovrebbe far riflettere, soprattutto quando si presentano situazioni in cui per allenamenti anche di 3-4 ore l’unica fonte energetica è rappresentata da una sola barretta o un gel.

Quella dello sportivo è una categoria che va gestita considerando fabbisogni energetici e di micro/macronutrienti che si discostano molto dalla popolazione generale.

A pensarci bene, non ha mica tutti i torti chi mi ha detto che la sua grande costanza in allenamento scaturisce in buona parte dal potersi concedere diversi extra a settimana.

Dr. Michele Bagliani, BIOLOGO NUTRIZIONISTA

Dottore Magistrale in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana